MOTORI DI RICERCA: GOOGLE
NON CI CREDERETE, MA QUESTI RAGAZZI SANNO TUTTO DI VOI (E LO USANO)
(Articolo tratto da CORRIERE DELLA SERA MAGAZINE del 23/03/2006)
Tra loro si chiamano <evangelisti>, hanno inventato un motore di ricerca che vale 100 miliardi di dollari e che, quando uno si collega, immagazzina i suoi dati. Ora i fondatori di Google sono davanti ad un bivio.
Che riguarda anche noi.
Comprereste la vostra informazione quotidiana da un gruppo di lunatici che tra di loro si chiamano <evangelisti capo>, <San Lorenzo>, <visionario>?
Che lavorano in un'azienda con un campo di beach volley, vasche piene di palline colorate tipo MacDonald's e nel quale chi ci lavora può portarsi il cane ma non il gatto? Che investono in quasi tutto quello che vedono, dai sistemi per rintracciare musica online, ad un elevatore spaziale per portare roba sulla luna? Che assumono solo chi risponde bene alla domanda <Qual è la più bella equazione matematica mai sviluppata?>. Che hanno come motto informale Don't be evil, non essere immorale? Vi fidereste di una banda di missionari che vogliono cambiare il mondo per il bene di tutti, di un drappello di rivoluzionari-poeti che sta scrivendo un manifesto del futurismo totale del ventunesimo secolo?
Be' già lo fate tutti i giorni, quando cliccate su www.google.com . Dietro il marchio colorato, non c'è un' astrazione che si perde nel cyberspazio: c'è un'organizzazione straordinaria, moderna, dinamica e. visionaria. Tanto potente da iniziare a preoccupare per la sua capacità di arrivare ovunque e per la determinazione quasi religiosa degli uomini e delle donne che lo guidano.
È vero che l'invenzione di Larry Page e Sergey Brin in queste settimane ha preso più di un bagno in Borsa. Ma cosa volete che sia per una società che non ha nemmeno dieci anni (è nata nel 1997), ha già conquistato il mondo e due mesi fa valeva cento miliardi di dollari? E che, per di più teorizza che il prezzo delle azioni in borsa non conta niente, anzi è una distrazione, al punto che Marisssa Meyer - la bionda, occhi azzurri ingegnere che seleziona un po' tutto nel quartier generale di Mountain View (California) - multa chi è sorpreso a cliccare sull'ultimo prezzo del titolo?
La realtà è che Google è una piovra, forse benefica, forse maligna - che si allunga ogni giorno e che sta penetrando, anzi è già penetrato nelle nostre vite.
Un Grande Fratello che, via via che passa il tempo e vi collegate al suo cervello, raccoglie ed immagazzina informazioni su di voi, sulle vostre abitudini, movimenti, gusti, interessi, vizi.
Una banca dati globale. O una schedatura di massa, dicono i critici più radicali.
Non sorprende che il Dipartimento della Giustizia americano pretenda, davanti ai tribunali, di entrare in possesso dei suoi archivi (inizialmente per lottare contro la pedofilia).
E che il governo di Pechino muoia di piacere all'idea di mettere le mani sui dati dei cittadini cinesi che lo usano (censurato). Vint Cerf, il chief Internet evangelist di Google (avrebbe preferito essere chiamato Arciduca, dice) vi assicurerà che rischi per la privacy non ce ne sono. Fatto sta che la società è una delle meno trasparenti che si conoscano. Non tanto perché l'algoritmo sulla base del quale funziona il motore di ricerca è, per ragioni commerciali, semi-segreto. Per molti altri motivi.
Da punto di vista strettamente economico, Google è una società di pubblicità. La grandissima parte delle sue entrate deriva da quello che pagano gli inserzionisti per apparire con un banner nelle pagine di ricerca di ogni utente. Un sistema intelligente fa apparire la pubblicità adatta a seconda delle parole chiave che voi inserite.
Se cercate informazioni su "pneumatici", per dire, vi appaiono sei link pubblicitari: se ne cliccate uno, Google incasserà denaro dall'inserzionista. Lo stesso succede nelle mail del sito, nei Blog e cosi via. Al momento Google incassa una parte minima dei cinquecento miliardi di euro che è la spesa pubblicitaria mondiale. Ma Eric Schmidt, il chief executive, ha promesso che la società non si limiterà alla ricerca di entrate online: giocherà a tutto campo e potete aspettarvi che fra non molto metta becco nei cartelloni della metropolitana di Londra, piuttosto che sulla piccola pubblicità dei giornali locali. Perché è nel Dna di Google e dei suoi missionaries in chief alzare sempre la posta e, se nel futuro c'è la possibilità che l'intera pubblicità sia in forma digitale, allora il pensiero di Page e Brin è quello di averla tutta.
Già un futuribile controllo mondiale della pubblicità è inquietante. Ma far parlare di Grande fratello sono un paio di altre circostanze. Una è la tendenza espansiva esagerata. Google è di gran lunga il primo motore di ricerca in un mondo sempre più collegato ad Internet (in Gran Bretagna il suo uso ha superato quello della televisione) e si sta espandendo in tutti i settori che in qualche modo possono essere collegati con la sua attività: posta, musica, video. Ma i dipendenti lavorano secondo la formula - che il suo inventore Brin, genio della matematica, definisce scientifica - <70-20-10>: 70% del tempo su idee legate al core business, il 20% su sviluppi in qualche modo vicini, il 10% su idee del tutto non collegate. Significa che ogni idea confinante - per esempio lanciare Google.org, braccio filantropico del gruppo - o lontanissima - come l'ascensore lunare o servizi wireless o telefonini intelligenti - è perseguita con una determinazione che a molti sembra fanatismo.
Un paio d'anni fa, Page spiegò all'agenzia Reuters che <potete immaginare il vostro cervello aumentato da Google: per esempio pensate a qualcosa ed il vostro telefono cellulare vi sussurra la risposta nell'orecchio>. Questa può sembrare immaginazione da figli del metodo Montessori, quali Page e Brin sono. Ma ad impressionare è lo zelo missionario quotidiano di conquistare nuovi territori sui quali alzare il vessillo di Google ed affermare una filosofia di purezza e bene universale.
Paul Saffo - che a Silicon Valley guida l'Institute for the future, non lontano dal Googleplex, il campus del gruppo - dice che <Google è una religione che si comporta da impresa>.
L'altra minaccia, invisibile, è forse la più seria. Quando avete fatto la vostra prima ricerca su Google, il motore di ricerca vi ha spedito un cookie immortale (si spegne nel 2038) che si è installato sul vostro hard disk: ogni volta che planate su una pagina del sito, il sistema legge il numero di identificazione che il cookie vi ha assegnato e Google registra e memorizza indirizzo, data, ora, termini di ricerca, configurazione del browser. Anche la Google Toolbar per Explorer legge il cookie ed invia alla casa madre tutte le informazioni sulla vostra navigazione. Più vi collegate, più informazioni dettagliate la società accumula nei suoi archivi. I San Lorenzo e gli evangelizzatori dell'Internet non dicono cosa ne faranno: tutte le ipotesi ed i timori sono legittimi, dall'uso commerciale dei vostri gusti al casellario giudiziario.
Che Google sia una stupenda rivoluzione dell'informazione è fuori discussione. La domanda è: avrà un futuro democratico o prenderà una deriva bolscevica e da Grande Fratello?
L'obiettivo ufficiale e grandioso che i missionari in camice bianco ammettono è quello di volere <organizzare tutta l'informazione del mondo>: scannerizzare tutti i libri e metterli on-line, spedire informazioni sui telefoni e sugli apparecchi mobili, collegare musica, parola ed immagini. Occupare i punti chiave della rete, in altre parole: ed infatti stanno lavorando ad una rete globale computerizzata della quale si sa pochissimo. Saffo dice che stanno cercando di costruire <la macchina capace di superare il test di Turino>, cioè un'intelligenza artificiale con le stesse prestazioni della scrittura umana. È a quel punto che la religione di Page e Brin potrà dire di nuovo che Dio c'è .
Danilo Taino
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